Per comprendere quanto il digitale sia decisivo e dirimente nell’attuazione della riforma delle cure territoriali in atto, è utile uno sguardo comprensivo che metta in relazione il quadro normativo con quello organizzativo, clinico e tecnologico.
Ricostruendo anzitutto per sommi capi la storia delle cure domiciliari nel nostro paese, notiamo che queste sono state inserite all’interno dei servizi erogabili sin dall’istituzione del SSN nel ’78, anche se poi nei fatti, ne è seguito un quadro essenzialmente “ospedalocentrico”. Dopo ulteriori passaggi significativi ma non dirimenti, come l’approvazione dei LEA del 2017 che ha disciplinato tali cure, soltanto a giugno del 2022, con l’attuazione della M6 del PNRR, viene pubblicato il Decreto Ministeriale 77, nel quale è stata disegnata, per la prima volta, la nuova sanità territoriale, organizzata intorno alle Case di Comunità, agli Ospedali di Comunità ed alle Centrali Operative Territoriali.
L’intero sistema ruota intorno all’idea della “casa come luogo di cura” potenziando la telemedicina (ed in generale la sanità digitale) nonché la corretta raccolta dati che permettano di sviluppare la nuova Medicina di Popolazione (promuovere modelli di stratificazione ed identificazione dei bisogni di salute) e la Medicina di Iniziativa (modello assistenziale di gestione delle malattie croniche fondato su un’assistenza proattiva all’individuo dalle fasi di prevenzione ed educazione alla salute fino alle fasi precoci e conclamate della condizione morbosa).
Una svolta certamente ambiziosa che vuole superare la semplice presa in carico che oggi caratterizza il nostro SSN, la cui attuazione però richiede la capacità di non affidarsi a soluzioni semplicistiche, come ad esempio la telemedicina invocata spesso quale fine e non quale semplice strumento clinico. E’ bensì necessaria una disamina attenta ed un ripensamento dei processi di cura, individuando i nuovi rischi connessi al cambiamento come ad esempio quello della perdita di efficienza clinico/organizzativa che la pur necessaria decentralizzazione può portare. Solo dopo questa analisi, ed avendo alle spalle competenze digitali in ambito clinico sviluppate negli anni, come è il nostro caso in Connect Informatics, è possibile offrire le soluzioni digitali più idonee in grado di portare valore ai diversi stakeholder della filiera.
In questo, ad esempio, possono contribuire i principi della “ Lean Healthcare” i quali aiutano a porre l’attenzione sugli aspetti in grado di portare effettivo valore al paziente ed gli attori del cambiamento, professionisti sanitari in primis. La stessa “Lean Healthcare” suggerisce di mappare i flussi di valore riducendo sprechi (es. difficoltà accesso ai servizi come il caso delle liste di attesa) ed a seguire, implementarli così che possano rispondere alle domande dell’utenza in un ciclo di miglioramento continuo. In tutto questo, appare evidente il vantaggio del digitale che, se inserito in un processo clinico/organizzativo adatto, può contribuire oltre che all’efficientamento e all’ammodernamento, anche alla capacità di monitoraggio degli indicatori fondamentali a supporto decisionale.
Per concludere, tornando al quadro normativo, potremmo dire che anche in questo ambito, si stanno affacciando nuovi elementi che concorrono alla trasformazione digitale dei processi di cura domiciliare. Ne è soltanto un caso indicativo la “Legge Concorrenza” dell’agosto 2022, che consente ai soggetti erogatori di trarre vantaggi all’accreditamento anche da elementi di natura qualitativa e tecnica quali “ l’effettiva alimentazione in maniera continuativa e tempestiva del fascicolo sanitario elettronico (FSE)”.
Che sia davvero il momento della svolta per le Cure Domiciliari ?